Lieviti indigeni e lieviti selezionati: sfatiamo qualche mito

Lieviti indigeni e lieviti selezionati: sfatiamo qualche mito

 

Nel mondo del vino, si tende erroneamente a pensare che i lieviti indigeni siano migliori rispetto a quelli selezionati. Ma, è davvero così?

Per redigere questo articolo mi servirò di un’intervista fatta ad un grande maestro, Luigi Moio, autore di “Il Respiro del Vino” ed eletto Presidente dell’Organizzazione Internazionale del Vino e della Vigna, oltre ad essere professore di enologia presso l’Università Federico II.

L’argomento sui lieviti è sicuramente impossibile da affrontare in maniera completa in un unico articolo, ma noi della Cantina Il Poggio ci teniamo ad avvicinare le persone al mondo del vino, nel modo più facile possibile.

In questo articolo ci concentriamo su cosa sono i lieviti, qual è la loro principale funzione e quali sono le principali differenze tra i lieviti indigeni e lieviti selezionati. 

Primo mito da sfatare: dichiarare che un vino è fatto con lieviti autoctoni non è sinonimo né di maggiore qualità né che il prodotto sia migliore di altri fatti con lieviti selezionati.

Lieviti indigeni e lieviti autoctoni: sfatiamo qualche mito I lieviti (il cui nome scientifico è Saccharomyces cerevisiae) sono organismi (per la precisione, funghi) unicellulari, invisibili a occhio nudo.

La loro funzione è quella, durante la fermentazione alcolica, di trasformare gli zuccheri naturali presenti nell’uva (fruttosio e glucosio) in alcool e anidride carbonica, influenzando la qualità e il carattere dei vini.

Sono naturalmente diffusi nell’ambiente e si attaccano sulla superficie degli acini (nello specifico, sulla pruina) grazie sia all’azione del vento ma soprattutto agli insetti, come api, vespe e i famosi moscerini della frutta (ovvero gli Drosophila melanogaster).

In enologia, si distinguono due tipi principali di lieviti: i lieviti indigeni e quelli selezionati. Questi lieviti differiscono tra loro per le loro caratteristiche, funzioni, usi e impatti sensoriali sul vino.

Lieviti indigeni

I lieviti indigeni sono presenti in modo naturale nel mosto e si ritrovano sia in vigna, sia in cantina, ecco perché rispecchiano le caratteristiche pedoclimatiche di un determinato territorio.

I lieviti indigeni inducono la fermentazione spontanea, la quale non prevede l’aggiunta di lieviti selezionati. Ciò comporta dei rischi: si possono sviluppare sentori acetici, la fermentazione non può essere controllata, tant’è che a volte può succedere che rallenti, fino a fermarsi del tutto ed è quasi impossibile farla ripartire.

Immaginate l’intero lavoro di un anno del vignaiolo e dell’enologo e l’alto rischio di compromettere la vendemmia? Oggi, con le nuove tecnologie, è possibile evitare di rovinare il lavoro di un anno, senza danneggiare in nessun modo il prodotto finale. Ma la storia inizia da ben prima dell’era della tecnica: a fine ‘800, un certo signor Muller-Thurgau (mai sentito?) parlò per la prima volta di lieviti selezionati.

 

Lieviti Selezionati

I lieviti selezionati sono lieviti naturali, al cento per cento, scelti e isolati appositamente per compiere determinate attività enologiche, senza danneggiare la qualità del vino, anzi talvolta migliorandola. Questi lieviti sono stati selezionati per le loro caratteristiche specifiche, come la tolleranza all’alcol, la capacità di produrre determinati aromi, quanto velocemente mangiano gli zuccheri, o la capacità di adattarsi a diverse condizioni di fermentazione.

I lieviti selezionati vengono lasciati essiccare prima di essere venduti e sono disponibili in diverse varianti, ognuna con un profilo aromatico unico, così da contribuire alle diverse sfumature del vino. Detto ciò, questo non significa che i vini di un tipo di varietale sviluppino tutti le stesse proprietà e caratteristiche organolettiche: si è potuto verificare che una stessa tipologia di lieviti selezionati che lavora in due mosti differenti, rilascia note e sfumature uniche e ineguagliabili.

Il principale vantaggio nell’utilizzare lieviti selezionati è il controllo che offrono nel processo di fermentazione. Sono stabili e abbastanza prevedibili, consentono agli enologi di ottenere risultati ripetibili e di gestire al meglio il processo di vinificazione.

 

Da sapere

In viticoltura, esistono vini da varietà di uve neutre e aromatiche. Per le uve neutre, il profumo che sentiamo nel bicchiere è il risultato dell’azione del lieviti che porta equilibrio tra gli esteri e gli alcoli superiori. Se questo equilibrio è maggiormente a favore dell’evoluzione degli esteri, i lieviti conferiranno al vino odori fruttati (come la banana, mela, ananas e melone); al contrario, se l’equilibrio sarà più a favore degli alcoli superiori, il vino sarà meno ricco di sfumature organolettiche.

Per quanto riguarda le uve aromatiche invece (proprio come, per esempio, la nostra Malvasia Aromatica di Candia, ma anche Moscato, Gewürztraminer, ricche in terpeni, e anche da uve Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, con alte concentrazioni di metossipirazine), i lieviti non solo contribuiscono al processo di equilibrio esteri/alcoli superiori prima citato, ma contribuiscono ad esaltare i classici profumi tipici del varietale di riferimento.

 

In conclusione

Il lievito è il mezzo con cui avviene la fermentazione, quindi il suo utilizzo è imprescindibile se si vuole ottenere il vino.

La natura è perfetta, l’uomo no: di conseguenza, il vino, che è un prodotto dell’uomo, deve essere aiutato a raggiungere la perfezione. Laddove i vini presentano difetti, dati da una scarsa attenzione in vigna e in cantina e ad una scarsa attenzione nella scelta dei lieviti, non si può andare a giustificare il difetto come naturalezza perché appunto naturalezza vorrebbe dire perfezione.