Come i cambiamenti climatici alterano il vino?

Come i cambiamenti climatici alterano il vino?

 

Negli ultimi anni siamo sempre più coscienti di quanto i cambiamenti climatici stiano mettendo a rischio l’intera produzione agricola e, di certo, non stanno risparmiando il settore vitivinicolo.

Con questo articolo, cercheremo di capire come questo fenomeno modifichi l’uva e, di conseguenza, il sapore e gli aromi dei differenti varietali; infine, scopriremo le varie soluzioni che finora sono state adottate per far fronte a questa emergenza globale.

Come i cambiamenti climatici alterano il vino

Come il riscaldamento globale interferisce con la chimica del vino, in breve:

A temperature troppo elevate:

  • i grappoli maturano più velocemente, accumulando molti più zuccheri, che a loro volta contribuiscono ad un maggior contenuto alcolico (generalmente, si passa dal 12% al 15% Vol)
  • l’acidità, che conferisce freschezza e gusto al vino, cala drasticamente
  • gli antociani, in condizioni climatiche di estremo caldo, si degradano, riducendo inevitabilmente quelle particolari note aromatiche che riscontriamo nel vino
  • in caso di vendemmia precoce, i tannini potrebbero non svilupparsi a sufficienza

Capite bene che la qualità e molte delle caratteristiche principali del vino, per come lo conosciamo oggi, si andrebbero a perdere, trasformandosi in qualcosa di nettamente diverso.

Nel 2022, per la prima volta nella storia, in Francia (nella regione dell’Aude), la vendemmia è iniziata il 25 luglio, proprio come in Sicilia con il Moscato e il Pinot grigio nelle zone di Menfi (AG). In Franciacorta si è cominciato a vendemmiare Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero il 1 di agosto.

I bei tempi in cui la vendemmia iniziava a settembre inoltrato, quell’aria piacevole di fine estate, quando stanchi si ammirava il lavoro svolto, sorseggiando un calice e ammirando il cielo che si tingeva al tramonto, sembrano ormai un’altra vita.

Nonostante la vendemmia sia sempre stata sinonimo di festa e allegria, è un lavoro  che, con il caldo torrido di inizio agosto, diventerà ancora più difficile da portare a termine.

Nuove realtà e nuovi blend

Tutto questo porterà all’inevitabile spostamento della viticoltura verso il Nord Europa e Nord America: un esempio è proprio il Regno Unito che, attualmente, vanta 3,8000 ettari in tutto il Paese di varietali coltivati come Pinot Noir, Chardonnay and Riesling. Stiamo parlando di un Paese che non detiene nessuna storicità enoica come l’Italia e la Francia, ma la domanda sul mercato (specialmente estero) aumenta, proprio come le temperature esterne.

È fondamentale dunque fare una profonda riflessione sulle denominazioni e su un’eventuale modifica dei disciplinari per includere nuove varietà, che possano combattere la crisi climatica.

È proprio ciò che è successo a Bordeaux che, già da qualche anno, i vignerons hanno potuto sperimentare nuovi blend con uve che si prestano bene a danzare insieme, nella stessa bottiglia, ad uno dei vini più pregiati al mondo.

All’inizio, ben 52 varietà si contendevano la posizione: per ognuna di questa ne è stato studiato il comportamento, tenendo traccia del risultato in termini di qualità e resistenza alla siccità, a contatto diretto con il terroir bordolese.

L’obiettivo era quello di mantenere invariati il più possibile l’acidità, la struttura e gli aromi e ci sono riusciti con le varietà di Arinarnoa, Castets, Marselan e Touriga Nacional per i rossi, Alvarinho e Liliorilla per i bianchi.

A che punto siamo e quale sarà la direzione da prendere?

Cambiamenti climatici non significa la fine del vino, non è la prima volta che la Terra e gli umani affrontano un periodo di surriscaldamento globale.

La Natura è in grado di adattarsi e così anche noi: cooperando, riusciremo sicuramente a trovare nuovi modi di fare viticoltura, senza necessariamente perdere di qualità.

Ad oggi, sono stati condotti molteplici studi, in diverse aree del mondo (Italia, Francia, California, Nuova Zelanda ecc) per aiutare la vite e i viticoltori in questo momento di forte transizione e possono essere già implementate diverse soluzioni.

·  Piantare viti più resilienti – PIWI

Avete mai sentito parlare dei PIWI?

L’acronimo sta per “pilzwiderstandfähig” che significa “vite resistente ai funghi”, la quale necessita di un uso ridotto di pesticidi e che, quindi, promuovendo un’agricoltura naturalmente biologica, fronteggia dalle radici la lotta ai cambiamenti climatici.

Nel 2023, il primo vino PIWI, il Vin de la Neu 2020 di Nicola Biasi, ha ottenuto il riconoscimento dei tre calici dal Gambero Rosso e pensate che è una tecnica studiata sin dal XIX secolo, ma che in Italia ha iniziato a prender piede pochissimi anni fa: probabilmente, il risultato di una necessità incombente.

· Un uso più efficiente e puntuale dell’acqua

Secondo uno studio condotto dall’Università di Trieste, non è tanto importante la quantità d’acqua, bensì il momento in cui la vite ne riceve, ovvero quando ne ha maggiore bisogno. Un minimo apporto d’acqua, al momento giusto, permette di tenere alta la produzione e gli standard qualitativi.

· Spostare i vigneti a quote superiori

Questa è sicuramente la soluzione più veloce, seppur temporanea, e potrebbe nuocere l’ambiente, che fino a quel momento era rimasto incontaminato. È la soluzione principale che molti viticoltori hanno preso in considerazione negli ultimi anni per guadagnare un po’ di tempo, in vista di decisioni più definitive.

 

Tuttavia, non tutti i mali vengono per nuocere: ci sono cantine, come la nostra, Cantina Il Poggio, che ha tratto un minimo vantaggio dall’innalzamento delle temperature.

Nonostante l’Emilia Romagna sia una terra vocata ai vini frizzanti, in una zona collinare, dai terreni argillosi come quella di Salsomaggiore, siamo riusciti a realizzare dei grandi rossi fermi, di corpo e struttura, di taglio bordolese: ciò permette a quelle piccole cantine di realizzare un prodotto che può competere anche con i grandi vini internazionali.

Riusciremo dunque a salvare le varietà di uve più prestigiose al mondo o nasceranno i vini del nuovo millennio? Signori e Signore, restiamo aperti al cambiamento.

 

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